Cura delle piante

Biochar e distillato di legno, verso una nuova strategia per la fertilizzazione

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La ricerca di nuove tecniche di concimazione o di metodi per aumentare l’efficacia dei fertilizzanti già esistenti sta diventando sempre più importante sia per un’agricoltura sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale, sia per far fronte all’aumentare dei costi delle materie prime agricole.

 

E in quest’ottica una ricerca condotta all’Università di Pisa, e recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Plant Nutrition and Soil Science, ha mostrato risultati molto interessanti sull’uso di due prodotti che stanno prendendo sempre più piede in agricoltura: il biochar e il distillato di legno.

 

Si tratta di due prodotti innovativi, ottenuti dalla carbonizzazione di biomasse in carenza di ossigeno.

 

L’uso di questi due prodotti come fertilizzanti ha infatti portato ad un significativo aumento di produzione del basilico, usato come modello di coltivazione sperimentale.

 

Per farci spiegare meglio cosa è stato fatto e quali possono essere le potenzialità per l’agricoltura, in particolare per l’orticoltura, abbiamo intervistato Michelangelo Becagli che ha condotto il lavoro di ricerca coordinato da Roberto Cardelli.

 

Dottor Becagli, ci spieghi innanzi tutto cosa sono il biochar e il distillato di legno e quali sono i loro utilizzi principali.

“Il biochar e il distillato di legno sono due sottoprodotti derivati dal processo di termocompressione della biomassa per la produzione di energia termica e elettrica (pirolisi e gassificazione), caratterizzati da un elevato contenuto in carbonio organico (i biochar di elevata qualità ne possiedono più del 60%). Il biochar, dal punto di vista fisico, è un materiale bruno nerastro di grana fine, simile al carbone vegetale, che sta trovando sempre più utilizzo come fertilizzante. Il distillato di legno, invece, è un liquido arancio brunastro con un forte odore di affumicato che, diluito alle giuste concentrazioni, può essere utilizzato come corroborante”.

 

Nel vostro studio come li avete usati e cosa avete fatto?
“Dati i nostri studi preliminari sul distillato di legno, di cui avete già parlato anche su AgroNotizie, insieme al professor Roberto Cardelli e al dottor Marco Santin, abbiamo voluto valutare se i due materiali, combinati insieme, avessero effetto sulla fertilità del suolo e sulla nutrizione delle piante andando a monitorare, durante il corso dell’esperimento, alcuni parametri enzimatici e l’azoto e il fosforo presenti nel suolo e nella pianta. Abbiamo preparato una miscela di suolo e biochar con dose pari al 2% in peso (corrispondenti a circa 20 tonnellate a ettaro) in cui sono state trapiantate delle piantine di basilico in piccoli vasi e poste in camera di crescita; durante la coltivazione, ad un gruppo di queste abbiamo applicato settimanalmente (per un totale di quattro settimane) il distillato in fertirrigazione alla concentrazione dell’1% nella soluzione nutritiva”.

 

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Il dottor Michelangelo Becagli

 

Che risultati avete ottenuto?
“Abbiamo visto che l’applicazione dei due trattamenti insieme, oltre ad aver influenzato positivamente l’attività di alcuni enzimi e l’attività microbica in genere, confermando così il loro effetto biostimolante, hanno incrementato anche la disponibilità di N e P nel suolo rispettivamente del 13 e del 90%. Questo si è tradotto in un maggiore quantitativo di nutrienti assimilati dalla pianta con una concentrazione di questi elementi nei tessuti fogliari, rispettivamente, del 19 e 83%. Questo ha portato, di conseguenza, a un incremento della biomassa secca della pianta di circa il 36%.

 

L’incremento così elevato degli elementi, in particolar modo del fosforo, supponiamo sia correlato a diverse motivazioni: in primis, all’apporto diretto derivato dal biochar al suolo (circa 15,5 chilogrammi di P2O5 a ettaro); poi all’incremento dell’attività enzimatica della fosfatasi che rende disponibili i fosfati del suolo ‘strappandoli’ dal fosforo totale nativo del terreno e, infine, all’incremento della solubilità degli stessi legata al pH del distillato di legno, derivata dalla sua ricca composizione in acidi organici, che, comunque, non ha modificato la reazione del suolo. Ci teniamo però a ricordare che siamo in una situazione di ambiente limitato al volume di un vaso e in ambiente controllato: questi risultati potrebbero essere diluiti, nel caso in cui ci trovassimo in pieno campo, dove le variabili sono maggiori”.

 

Perché avete scelto il basilico come pianta sperimentale?
“Abbiamo scelto il basilico per due motivi principali. Innanzi tutto perché è una specie che si presta bene come modello sperimentale: è caratterizzata da un breve ciclo colturale e ha una notevole capacità di adattarsi bene alla coltivazione nelle celle di crescita opportunamente climatizzate. La minuta taglia delle piante, inoltre, ci ha permesso di avere un elevato numero di campioni per trattamento così da avere maggiore significatività dei risultati. Infine, per il suo importante aspetto economico e produttivo che possiede sul mercato nazionale e estero”.

 

Avete confrontato l’uso di questi prodotti anche con altri tipi di fertilizzanti organici o minerali?
No, all’interno di questo studio non abbiamo confrontato trattamenti fertilizzanti diversi perché abbiamo voluto focalizzare la nostra attenzione sull’utilizzo di questi materiali, in combinazione tra loro, nell’influenzare la disponibilità dei nutrienti dati in fertirrigazione e le caratteristiche degli elementi di fertilità già presenti nel suolo. Il confronto con altri fertilizzanti potrà essere un ulteriore evoluzione sperimentale che stiamo attualmente valutando, anche alla luce degli ultimi sviluppi del mercato dovuto anche alla drammatica situazione che stiamo vivendo in Europa”.

 

Ma questi due prodotti usati come fertilizzanti, oltre ad aumentare la fertilità biologica del terreno, apportano anche sostanze nutritive o restano necessarie delle concimazioni di fondo?
“Se il distillato di legno è caratterizzato da una composizione prettamente a base di carbonio, il biochar presenta, invece, anche altri elementi chimici che rientrano nella nutrizione delle piante. Queste, in particolar modo P, K e micronutrienti, possono essere direttamente disponibili per la nutrizione vegetale e, quindi, il biochar può anche influenzare direttamente il piano di concimazione e andare a coprire parte dei fabbisogni della coltura interessata. Ciò può in parte influenzare la concimazione di fondo che, comunque, rimane necessaria“.

 

Il basilico è stato un modello sperimentale, ma questi prodotti potrebbero esser usati anche su altre coltivazioni? Quali potrebbero essere quelle che potrebbero averne maggiori benefici?
“L’utilizzo del biochar sulle colture più disparate è ormai validato da molti lavori scientifici e molti produttori stanno perseguendo la politica della vendita diretta agli imprenditori, proprio per far conoscere la sua peculiare versatilità. Ormai è avvalorato che presenta i migliori risultati nella fertilizzazione di quei suoli così detti marginali come, per esempio, quelli poveri in sostanza organica o con reazione anomala.

 

Per quanto riguarda il distillato di legno, c’è ancora molto da fare: è un prodotto fortemente innovativo che ha incominciato a farsi strada nel settore agricolo da pochissimo tempo. Conferma comunque, anch’esso, una discreta versatilità di utilizzo, se saputo usare metodicamente: se a concentrazioni piuttosto blande (1:200 – 1:500) può avere degli effetti positivi sia sulla fisiologia vegetale che sulla chimica del suolo; a concentrazioni troppo elevate può risultare addirittura fitotossico e diminuire la qualità del suolo. Indubbiamente il loro utilizzo è consigliato sia nelle colture in pieno campo che in coltura protetta, in fertirrigazione e per trattamenti fogliari, su colture erbacee e arboree”.

 

A livello quantitativo di che quantità ad ettaro stiamo parlando?
“Qui la situazione si fa un po’ complicata, perché il loro utilizzo dipende dalle caratteristiche del suolo, dalla specie coltivata, dall’agrotecnica e dal piano di concimazione. Il biochar, sebbene in bibliografia sia trattato a dosi notevoli (si parla quasi sempre di 20 – 40 tonnellate a ettaro), nella pratica è difficile da impiegare in un’unica applicazione per via del costo elevato (si parla spesso anche di cifre sopra 1 euro al chilo); il nostro consiglio è quello di apportarne pochi quantitativi alla volta, nel tempo, in modo da raggiungere il risultato indicato nel medio periodo di tempo così da ammortizzare meglio le spese. D’altro canto, è un materiale caratterizzato da un’elevatissima resistenza alla degradazione microbica e, grazie alle sue caratteristiche chimico fisiche, struttura il suolo rendendolo difficile dall’essere allontanato da fenomeni di erosione. È il caso di annoverarlo come un vero e proprio intervento di miglioramento fondiario.

 

Per il distillato di legno, la situazione è opposta: data l’elevata diluizione a cui deve essere applicato (da 1:100 fino a 1:1000), il quantitativo è veramente modesto. Ad esempio, per un volume d’acqua pari a 1 quintale, le quantità di distillato di legno necessarie hanno un ampio range: tra circa 1 litro e 100 millilitri di prodotto”.

 

E a livello di costi quali sarebbero?
“Per il biochar, penso sia piuttosto chiaro per i lettori. Gli elementi che entrano in gioco a determinare una cifra definitiva sono diversi e gli agricoltori devono essere coadiuvati da tecnici di settore, propriamente preparati per poter investire su questo materiale. Certo è che i benefici sono tanti e migliorano la redditività aziendale nel medio lungo periodo (basti pensare alla potenziale elevata riduzione di fertilizzanti e di volumi di irrigazione) e, alla luce degli ultimi drastici avvenimenti internazionali, risparmiare sui mezzi di produzione agricola è oggi più importante che mai. Ci sono però diverse realtà imprenditoriali, sul territorio nazionale, che hanno presentato sul mercato dei prodotti a base di biochar validi, che riescono già a dare dei buoni risultati sulle performance agronomiche già a basse dosi di prodotto e a costi sostenibili (ovviamente sempre in una visione aziendale strategica di miglioramento fondiario a base di biochar). Sono prodotti a base di biochar e altri elementi fertilizzanti che possono trovarsi sia in forma solida che liquida (basta fare un giro sul web per farsi un’idea).

 

Per quanto riguarda il distillato di legno, quello che abbiamo utilizzato in questa sperimentazione è il prodotto di BioDea, azienda Toscana che produce e commercia questi prodotti della gassificazione di biomasse forestali.”

 

Come Università state quindi collaborando con l’industria per progettare e sviluppare nuove tipi di fertilizzanti?

“In un certo modo . Questo da quando abbiamo conosciuto la realtà imprenditoriale di BioDea nel 2019, quando ancora di distillato di legno non si sentiva parlare, e ci ha illustrato la peculiarità del suo prodotto rispetto ad altri che si trovano in commercio: a differenza di altri distillati che, spesso e volentieri, vengono prodotti dalla sola decantazione delle acque di lavaggio del gassificatore, la tecnologia di produzione che applica BioDea prevede una vera e propria distillazione delle biomasse legnose, convertendo il materiale a bassissime temperature con gradienti plurimi di incremento di calore.

 

Questo processo non prevede il passaggio diretto della frazione liquida con il char che si forma e, di conseguenza, non è caratterizzato da idrocarburi che possono essere tossici per l’ambiente e per le piante”.

 

Questi due prodotti sono ottenuti da un particolare trattamento termico delle biomasse. Stanno risentendo dell’aumento dei costi dell’energia?

No, perché il sistema di produzione di questi prodotti genera esso stesso energia termica e elettrica. I moderni sistemi di gassificazione riescono a automantenersi sotto il punto di vista energetico, necessitando soltanto di energia esterna per avviare il processo di termoconversione della biomassa. Lavorando 24 ore su 24, la richiesta di energia esterna è infima se non pressoché inesistente. Questo va a riflettersi positivamente sul biochar e il distillato di legno prodotti: l’aumento dei costi dell’energia non ha in alcun modo intaccato sul costo finale dei prodotti”.

 

Attualmente il biochar e il distillato di legno si trovano facilmente sul mercato e dal punto di vista normativo possono già esser usati come fertilizzanti? In altre parole si potrebbero già usare in campo?
Sì, si possono già utilizzare in campo. Dal 2015, con una modifica del Decreto Legislativo 75/2010, il biochar è a tutti gli effetti un ammendante che può essere applicato regolarmente in agricoltura. Per quanto riguarda l’agricoltura biologica, il Regolamento Europeo 2019/2164 lo integra tra i fertilizzanti utilizzabili e, attualmente, l’Associazione Italiana Biochar (Ichar) sta verificando col Mipaaf la necessità e le modalità di aggiornamento dell’allegato 13 del Decreto Legislativo 75/2010. Per quanto riguarda, invece, il distillato di legno, questo è considerato un ‘corroborante, potenziatore delle difese delle piante’ e la normativa italiana ne consente l’uso anche in agricoltura biologica ai sensi del Decreto Ministeriale 6793 del 18 luglio 2018″.

 

 

Questo articolo potete trovarlo anche in originale nel sito di agronotizie dal quale è tratto :https://agronotizie.imagelinenetwork.com/fertilizzanti/2022/05/02/biochar-e-distillato-di-legno-verso-una-nuova-strategia-per-la-fertilizzazione/74777